Com’era Treviso un secolo fa?
Quanta gente ci viveva?
Cosa faceva?
Interessanti sono i dati del censimento sull’istruzione.
Il ministro Orlando riteneva all’epoca che, la dove le funzioni dello Stato andavano estendendosi, “non può al cittadino consentirsi il difetto di quel minimo di coltura che si deve presumere perché la stessa azione dei poteri pubblici si svolga intera ed efficace”.
Serviva, dunque, una scuola capace di portar fuori dall’analfabetismo le classi popolari.
A Treviso la situazione si rivela ottima: il 93% della popolazione dice di saper leggere e scrivere. Percentuali ancora più alte riguardano il centro storico. Merito di questi numeri va al Comune di Treviso, che come riporta il documento, ha sempre “curato con particolare amore l’istruzione elementare supportando non lievi sacrifici finanziari”.
Apprendiamo così che l’amministrazione trevigiana aveva investito molto sia nel reclutamento di insegnanti, sia nella ricerca di strutture scolastiche, preoccupandosi di insegnare a leggere e scrivere non solo ai bambini ma anche gli adulti. Per questo istituisce scuole serali per gli adulti.
Le prime nascono in centro storico, a S. Lazzaro e S. Giuseppe, ma se ne aggiungono poi altre in tutti gli altri quartieri, con una diffusione che si può dire capillare.
Le aule a disposizione, tra città e periferia, sono 116 per 111 classi. Alcune di esse sono solo baracche o strutture poco adatte, ma funzionano lo stesso e, per sopperire a ogni carenza si fa ricorso anche su orario alternato o ridotto. Nell’anno scolastico 2021-21 gli alunni iscritti a scuola elementare sono 5364.
Il rapporto sul censimento sottolinea molto l’importanza di questo impegno: “Di qui si impone il più grave sforzo e sacrificio finanziario dell’Amministrazione Comunale per bene risolvere l’importante problema e per intensificare con ogni mezzo la lotta contro l’analfabetismo, per modo che la scuola che accomuna in uno stesso ideale di benessere e di miglioramento morale e materiale fanciulli di ogni classe sociale, possa sempre più arrecare i benefici effetti in una società più evoluta nella via del progresso”.
Legato in qualche modo al tema dell’istruzione è anche quello delle professioni, se si considera che l’età da cui si fa partire l’ingresso nel mondo del lavoro è considerata a partire dal compimento del 10^ anno di età. Nel precedente censimento era fissata a 9 anni.
La popolazione trevigiana nel 1921 è dedita per la maggior parte all’agricoltura (14,1%) seguono: professioni e vari servizi (8,46%), dipendenti pubblici (7,63%), impiegati nell’industria metallurgica (6%), nell’industria del legno (3,85%), edilizia (3,38%), trasporti (2,9%).
Guardando ai numeri del lavoro femminile, il quadro che emerge vede le donne impegnate per il 5,1% nelle industrie del vestiario e abbigliamento, seguono quelle impiegate in professioni e servizi vari come soprattutto custodi o domestiche (5%), dipendenti pubbliche amministrazioni (1,33%), nell’agricoltura (1,2%). Il 61% delle donne (12.000 circa) risultano invece “attendenti a casa”.
Sul fronte edilizio, a Treviso esistevano 6.660 case e 542 uffici nel 1910, che passano a 8.465 e 1962 nel 1921. Gli immobili e le proprietà fondiarie sono posseduti da 1405 maschi 692 femminile.
Ben 384 immobili sono registrati come alberghi, pensioni, trattorie, bar, osterie, pasticcerie (19,5%), 44 da tabaccherie (2%), gli uffici e le scuole sono 234 (11,9%), i fabbri e falegnami 189 (9,6%), 88 i pizzicagnoli (4,5%), 69 i merciai (3,5%), 59 i barbieri (3%), 71 sono i magazzini (3,6%) e altri 284 locali sono destinati a usi non meglio precisati.
Nel 1921 il Comune di Treviso rilascia anche 121 permessi per nuove abitazioni, mentre si deve far carico anche di provvedere a dei ricoveri per “famiglie senza tetto reduci dal profugato” installando 35 baracche a Santa Bona che accolgono 43 famiglie, 10 a San Lazzaro per 12 famiglie, nella ex Raffineria in città vengono accolte 29 famiglie e altre 32 nell’ex Lazzaretti presso il canile comunale.
Come si è detto, l’occasione del censimento diede l’idea di andare a fare anche il primo censimento delle imprese industriali. Scopriamo così che 152 industrie occupavano in prevalenza maschi tra i 12 e 15 anni e 1507 avevano lavoratori sopra i 16 anni. Guardando alle lavoratrici donne (impiegate in prevalenza nell’industria bacologica) sono 106 le aziende che occupavano ragazze tra i 12 e 15 anni e 300 quelle che avevano assunto donne sopra i 16 anni.
Le materie prime di lavorazione arrivavano in genere dal Veneto se erano destinate all’industria bacologica, del legno e del tessile; dal Regno d’Italia per la metallurgia, pietre, cereali. Più raro il ricorso al mercato estero per la richiesta di materiali per l’industria metallurgica.
Il Veneto era anche il primo mercato di riferimento, seguito dal Regno d’Italia. Per l’estero è interessante notare che si segnala l’Inghilterra come principale cliente straniero per le industrie di strumenti e corde musicali.
L’industria in generale è al servizio dei bisogni del territorio e realizza surplus destinati alla vendita fuori dal contesto territoriale soprattutto per l’industria bacologica.
Ma come venivano trasportate queste merci? In prevalenza si usano mezzi trainati da quadrupedi, talvolta si ricorre ad automezzi ma resta ancora importante la via fluviale. Sul Sile viaggia l’economia trevigiana del 1921.
di Antonella Stelitano