L’essere umano è corpo e psiche. Se del corpo abbiamo una conoscenza che varia da generica e generale a precisa e dettagliata (è il caso di medici, specialisti, ricercatori), sulla psiche ci sono ancora perplessità, banalizzazioni e fantasie.
Viene naturale rivolgersi al medico di base o allo specialista quando il corpo dà segnali di dolore o di malattia, ma se è la mente ad avvertire un disagio o una sofferenza, ricorrere allo psicoterapeuta non è altrettanto automatico.
E anche chi si rivolge per la prima volta allo psichiatra o allo psicoterapeuta spesso esordisce dicendo «Non so se sono nel posto giusto perché non credo in queste cose, non credo negli psicofarmaci, nella psicoterapia».
La considerazione che viene da fare quando la questione è “credere o non credere”, è se ci troviamo di fronte a qualcosa che ha a che fare con la fede o con la scienza.
Purtroppo, infatti, questioni legate alla mente sono state spesso valutate e giudicate da un punto di vista morale.
Tant’è che nel passato sono sfociate in vere e proprie persecuzioni nei confronti di chi soffriva di disturbi psichici. Ne troviamo traccia ancora oggi nelle recenti discussioni sulle presunte possessioni demoniache trattate da improvvidi esorcisti, che hanno portato conseguenze funeste sulla salute psico-fisica di poveri malcapitati.
Sempre a proposito del “credere” nella psichiatria e nella psicoterapia, è facile assistere, in situazioni di emergenza o a seguito di eventi traumatici, al ricorso ai professionisti in un’ottica “miracolistica”.
Come se un colloquio o una pastiglia possano cambiare in un battibaleno il corso degli eventi.
Sembra quasi che di fronte a cose più grandi di noi psichiatri e psicologi, con le loro pratiche misteriose, diventino risorse alle quali riferirsi per miracolose soluzioni.
Tra gli psichiatri e gli psicoterapeuti è comune esperienza quella di assistere all’incredulità dei pazienti di fronte all’efficacia delle cure. E se il farmaco ha il vantaggio di avere una sua concretezza materiale, che permette una certa spiegazione razionale, la psicoterapia è comunemente fonte di stupore.
Siamo di fronte a “misteri delle fede” o, piuttosto, a “misteri della mente e della psiche”?
Per fare maggiore chiarezza è necessario comprendere cos’è la psiche e chi è lo psicoterapeuta.
La psiche è pensiero, percezione, riflessione, intuizione, memoria, fantasia, sogno, affetto e sentimento.
Così come ipotizzando di “spegnere il cervello”, il funzionamento meccanico del corpo non si arresterebbe (il sangue continuerebbe a circolare, il cuore a battere, i polmoni a riempirsi d’aria e a scambiare ossigeno e anidride carbonica) anche la psiche continuerebbe il suo sentirsi e percepirsi.
L’essere umano, infatti, ha continuamente bisogno di prendere atto del proprio pensiero, dire “io provo questo sentimento”, “io credo”, “io penso”, “io voglio dire che…”. È un bisogno così fondamentale, una libertà imprescindibile, che fin dalla nascita il bambino lotta per affermare se stesso e questa lotta sarà incessante per tutta la vita. In famiglia, con gli amici, i colleghi e gli altri in genere sentiamo costantemente la necessità di affermare il nostro pensiero, i nostri gusti, magari scegliendo ciò che ci piace in un negozio o il gusto della pizza o il luogo dove trascorrere le vacanze.
Questa libertà, tuttavia, è tale fino a quando non si incontra-scontra con quella dell’altra persona. Se non si è capaci di tollerare la frustrazione e di giungere al compromesso, scegliendo consapevolmente, questi momenti possono diventare difficili. Il bisogno di dire, perlomeno a se stessi, “io sono io” è tale che, quando questa libertà viene a mancare, la sofferenza che ne deriva può essere anche molto intensa. Fino a diventare un sintomo. Accade, ad esempio, quando abbiamo subito un torto e non siamo riusciti a difenderci.
Oppure quando abbiamo risposto con eccessiva aggressività quando non ce n’era motivo. O quando non siamo riusciti a concludere come programmato un lavoro e avvertiamo un disagio che non ci dà tregua e magari mina il sonno.
Ma perché tutto questo? Perché la nostra psiche è molto più complessa di quanto si pensi.
Soprattutto, ha un funzionamento autonomo che non dipende dalla nostra volontà. Prima c’è il pensiero – quel “moto”, quell’impulso che autonomamente ci fa pensare “io provo un sentimento”, “io avverto una necessità” – e poi si concretizza la percezione: solo dopo che il pensiero è stato creato, lo possiamo percepire.
Ed è per questo che frasi come “non pensare, reagisci”, “la prossima volta prova a dirgli che…”, dette da persone preoccupate per noi non funzionano. Anzi, possono farci sentire ancora più insoddisfatti o incapaci.
Perché, come non possiamo scegliere con che ritmo far battere il cuore, non possiamo nemmeno scegliere cosa pensare.
E questo spaventa ancora di più, perché la psiche è l’unico dei nostri sistemi a non essere concreto: non lo si può toccare o controllare. Questa paura appartiene ad ogni persona, tanto che la psicoterapia, ossia la terapia della psiche, è ancora oggetto di pregiudizi e diffidenze. A volte è messa alla stregua della profezia di una chiromante o alle chiacchiere con un amico o con il sacerdote.
Ma la seduta, il colloquio con lo psicoterapeuta, è altro. La differenza fondamentale è anche nel tipo di ascolto: generalmente le persone ascoltano prestando attenzione ai fatti, alla realtà esterna. Si immedesimano in colui che parla, immaginano come loro vivrebbero l’accaduto e su questa fantasia danno “il giusto consiglio”. Insomma, danno indicazioni su come o cosa l’altro dovrebbe fare.
L’ascolto terapeutico è tutt’altro: l’attenzione non è rivolta al “che cosa”, ma al come: come si organizzano i pensieri, come si susseguono, come si evitano. L’attenzione è verso il mondo interno del paziente e l’obiettivo è capire e aiutare a capire la struttura psichica unica in ognuno di noi. Un po’ come il medico che può porre domande che possono sembrare slegate dal problema ma che a lui, che ne è l’esperto, sono chiare e utili per capire come aiutare il paziente.
Fare una psicoterapia è un’esperienza unica che permette di conoscere se stessi in profondità, di scoprire aspetti e risorse di sé, di risolvere nodi e ferite che possono condizionare anche il quotidiano. Consente di capire perché “ci si blocca”, ci si sente aggrediti anziché riuscire a difendersi. Risolvere questo snodo permette di essere più liberi di pensare e di scegliere con che parole difendersi in tutte le situazioni in cui si può avere la percezione di subire l’aggressività altrui.
In un certo senso, potremmo anche dire che la psicoterapia allora servirebbe a chiunque. E questa infatti è un’osservazione che spesso i pazienti fanno quando si accorgono dei suoi benefici. Sicuramente la psicoterapia è una cura indicata in tutti i casi in cui vi è anche una sofferenza emotiva: ansia, tristezza prolungata o immotivata, depressione, insicurezza, insonnia, facilità a reagire con aggressività, inappetenza.
Così come per una sofferenza fisica – dermatite, gastrite, colite – che non rivela una causa organica.
Da diverso tempo è largamente e ampiamente dimostrato su base scientifica che la psicoterapia modifica le strutture dei neuroni in funzione di un maggior e più stabile benessere. E allora perché c’è ancora questa diffidenza? A volte prevale la “paura di scoprire qualcosa di brutto” dentro di sé, o di venir condizionati dal terapeuta. Ma perché invece non temiamo i social, le community, l’amico, che con i loro consigli tendono, più o meno involontariamente, a fare proprio questo? Chi prova queste paure ha i propri motivi, inconsci, che solo la psicoterapia potrà risolvere.
Francesco Bova
Psichiatra
Elena Stefani
Psicologa psicoterapeuta
STUDIO DOTTOR BOVA
www.studiodottorbova.it