Treviso apre i luoghi della cultura e della strada a MYTHOS, prima edizione del Festival di Teatro Classico ideato da TEMA CULTURA, per valorizzare il teatro classico.
Giovanna Cordova, che cos’è il Festival di Teatro Classico?
Il Festival di Teatro Classico, MYTHOS, è un sogno che avevo nel cassetto. Desideravo da sempre portare a Treviso un festival di teatro classico con un format un pò particolare. E’ il primo festival a livello regionale che si articola in diverse sezioni, “I Classici a teatro”, con due spettacoli che porteremo al Teatro Comunale Mario Dal Monaco, in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto, che sono Antigone il 16 marzo ed Ecuba il 13 aprile. In questo c’è già un fatto originale, ovvero un repertorio classico di solito viene considerato come un qualche cosa di difficile e di astruso. Antigone lo abbiamo già presentato al Teatro Olimpico di Vicenza, spettacolo che ha delle particolarità, in quanto è la prima volta che il personaggio di Creonte viene interpretato da una donna, da quella che forse è la più grande attrice teatrale in Italia che è Ivana Monti.
Gli obiettivi del festival sono diversi, uno è a mio modo di vedere di mettere in rete le varie istituzioni culturali di una città, per cui questo progetto che è partito da Tema Cultura, non avrebbe potuto realizzarsi se non ci fosse stata questa coesione, questo riferimento che coinvolge tutte le istituzioni culturali della città, e quindi la collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto, con i musei, con le scuole, come per esempio il Liceo Classico Canova, con altre associazioni, con gli esercenti della città, perché accanto alle rappresentazioni a teatro ci sono altri eventi come “I Classici al Museo”, portare dei classici al museo non con l’intenzione di usare i locali del museo, ma di collegare delle opere esposte all’interno del Museo Bailo e del Museo di Santa Caterina per arrivare a parlare dei classici. Questo verrà fatto con Canova, arrivare a parlare del Mito partendo dall’esposizione del Canova, e a Santa Caterina parlando di Paris Bordon, si parte da lì per formulare uno spettacolo che sia coerente e che sia inserito non a caso, ma che abbia non riferimento concreto con quello che succede in quello spazio. In questo modo si valorizza e non si usa, prendiamo quello che c’è, partendo da un’opera, non da tutto, per arrivare a costruire uno spettacolo. Allora quell’opera viene vista dallo spettatore in maniera diversa, perché il teatro, la parola è già metamorfosi, è cambiamento in qualche cosa d’altro. Poi ci sarà “I Classici in Musica”, in questo caso ho colto la proposta della Associazione Musicale Manzato, che è bellissima, perché coniuga un testo classico con musica elettronica coinvolgendo con un bando dei giovani musicisti. La musica elettronica molto probabilmente ai puristi farà impressione però è il modo in cui oggi i ragazzi lavorano.
Quindi se noi vogliamo portare in classici tra i giovani dobbiamo adeguarci a quelli che sono i mezzi espressivi dei giovani. Il che non vuol dire trasformare i classici, ma quelle cose si possono dire anche con altre parole. Questo succede per la parte della musica ma anche per tutta quella parte di laboratori aperti che noi facciamo al Teatro La Stanza, e che sono aperti alla cittadinanza, soprattutto ai giovani, che avranno la possibilità da aprile fino a giugno di seguire dei laboratori divisi anche a seconda delle età, quindi i più piccoli conosceranno un Mito raccontato in maniera favolistica, poi ci sono altri due laboratori, uno sull’Odissea, e uno sugli uccelli di Aristofane. Sempre parlando di giovani altra collaborazione con la Brat, che è la biblioteca dei ragazzi, raccontiamo i Miti ai giovani. La sfida è stata quella di non fare il mito per i bambini, funziona sempre quando la si racconta come una favola, ma la nostra idea condivisa con i responsabili della biblioteca è stata quella di coinvolgere gli adolescenti, che è un altro mondo rispetto a quello dei bambini, un mondo che è stato massacrato dal Covid, costruendo un percorso che sia per loro sia allettante, che abbia delle curiosità. Quindi abbiamo pensato di costruire un trailer partendo dal Mito. Ogni ragazzo che parteciperà al corso, dopo aver avuto la lettura guidata del Mito, costruirà un sorta di story board, poi passerà direttamente dalla lettura alla macchina da presa, in modo che ognuno possa costruire il proprio piccolo trailer. Altra sezione è quella del “Teatro per Strada”, portare i classici per strada, per questo abbiamo coinvolto dei ristoranti, dei bar, delle osterie della città dove fare degli spettacoli classici. Perché non è meno bello godere di un pezzo di teatro classico magari bevendo lo spritz, non è vietata questa cosa.
Dopo la pandemia c’è voglia di ritornare a teatro?
C’è tanta voglia di ritornare a teatro sia da parte degli operatori ma io credo anche da parte del pubblico perché il teatro è un rito. Distruggere un rito è un peccato mortale, c’è voglia di vedere cultura ma è anche voglia di incontrarsi e di stare assieme, di potersi scambiare un parere una idea. Ora che l’emergenza Covid grazie a Dio sembra molto più gestibile io credo che la gente tornerà a teatro. Fino a poco tempo fa c’era paura, i teatri avevano una capienza al 100%, ma la gente non si sentiva di condividere gomito a gomito, perché per due anni siamo stati abituati a non vedere, a non toccarci, a non stare vicino. Era necessario strutturare una forma mentale che comunque era entrata nel nostro modo ordinario di vivere. Speriamo che la cosa sia veramente finita e si possa ricominciare alla grande, come siamo sempre stati abituati a fare.
Tema Cultura oltre a formare le persone che desiderano recitare ha anche la funzione di preparare gli imprenditori per parlare in pubblico.
Si certo. Noi abbiamo una parte delle attività dedicata a questo, perché è molto importante, nel senso che il parlare in pubblico non è che uno sia più o meno dotato, è una tecnica che deve acquisire. Noi diamo dei codici di comportamento che un soggetto che deve parlare in pubblico che sia imprenditore, che sia giornalista, può usare in qualsiasi situazione. Se uno sa le regole, dopodiché diventa più semplice, ma è impensabile che tutti nascano, non può esserlo. Soprattutto quando spesso accade una persona ha la necessità di superare delle incertezze espressive, oppure se vuole migliorare la sua immagine nei confronti dei terzi. Ci sono necessariamente delle tecniche e questa è una cosa che prende sempre più piede perché la comunicazione è diventato un elemento essenziale, è uno strumento di lavoro. E quindi adesso c’è una presa di coscienza dell’importanza di questa cosa. Fino a qualche tempo fa c’era un pò di reticenza nei confronti di questa cosa, adesso invece è accettata come una tecnica, come uno impara a lavorare su Facebook e su Instagram, allo stesso modo impara a gestire la sua immagine. Quindi è una cosa importante che noi facciamo sempre di più.
L’area di Treviso è secondo te recettiva per quanto riguarda la cultura?
La città di Treviso è una città recettiva e che durante gli ultimi anni anche grazie all’ attuale amministrazione comunale ha avuto una accelerazione fortissima, perché noi operatori culturali, grandi e piccoli che siano, se non abbiamo una forma di collaborazione con l’ente pubblico facciamo poca strada. Questa amministrazione, in special modo l’Assessore alla Cultura Lavinia Colonna Preti con cui io mi rapporto molto di più che con altri assessorati, ragiona in termini quasi come fosse un privato. Finalmente il pubblico entra nella progettualità, e nel momento in cui si condivide una progettualità e si condividono anche le previsioni e i risultati che quella operazione culturale porta nella città, allora si le cose marciano bene. La gente ha voglia di cultura bisogno trovare il modo di dargliela e di portarla ovunque. Noi stiamo lavorando molto bene sia al Teatro La Stanza sia con altre rassegne perché c’è un lavorare assieme, da soli non si va da nessuna parte, soprattutto in un momento come questo, per questo MYTHOS nasce da una rete dove sono coinvolti Musei, Teatro Comunale, Comune, Università Cà Foscari che per la prima volta viene a Treviso a sostenere con degli apporti culturali di caratura nazionale un progetto sui classici. Ma poi tutte le associazioni che partecipano, e quindi formandosi questa rete è chiaro che la cosa diventa subito grande. Dobbiamo abbandonare l’idea della parrocchia cosiddetta, oppure a mio modo di vedere non si va da nessuna parte.
di Andrea Vidotti