Una mattina mi son svegliata e ho sentito Mario Draghi che mi diceva: “La pace non è scontata. Con l’invasione russa finisce questa illusione”.
Ammetto che il mio software intracranico è andato in crash. Mai ho creduto che la pace sia “scontata”: le basi NATO in Italia lo testimoniano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Mai mi sono state impartite istruzioni di dover scendere in armi per un paese che non appartiene all’Unione Europea e nemmeno alla OTAN. Allora cos’è cambiato da quando portavamo il lavoro e la ripresa economica in Croazia, Libano, Albania, Romania, Bulgaria, Serbia, Slovacchia, Cechia e Federazione Russa? Cosa c’impedisce di vivere secondo i trattati ed i principi di amicizia fra i popoli? Il Sole dell’Avvenire si alza ancora ad Oriente ma noi abbiamo paura di rimanere al buio!
Rincorro Luca Serena, imprenditore trevigiano col quale abbiamo creato, giovanissimi, un nuovo modo di fare le relazioni internazionali, per il bene dei popoli, nonostante le avversità delle intelligence dell’est e dell’ovest.
Relazioni internazionali di successo, che sono entrate nell’abbecedario delle rappresentanze datoriali.
Luca Serena dirige dal 2020 RDR Spa, una delle Top 500 imprese Campane, azienda di Torre del Greco, fatturato di 53 milioni di euro, 270 dipendenti diretti. Nel 2021 l’azienda ha vinto il premio “Best managed companies” di Deloitte, un premio nazionale che premia i migliori risultati gestionali, di performance delle aziende partecipanti.
Che riflessioni sente di condividere sulla crisi internazionale post 24 febbraio 2022?
“Ricorderò per sempre la data del 24 Febbraio 2022. Non è per me solo il giorno nel quale la speranza di uscita felice da due anni di pandemia , di lockdown e di sofferenze economiche è stata vanificata dall’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina.
E’ anche la data nella quale, ufficialmente, abbiamo visto terminare 30 anni di “pace relativa”, anni nei quali non ci siamo più dovuti occupare e preoccupare di scontri tra stati, confronto tra potenze belliche, di economie ed embarghi di guerra. A pochi giorni dall’invasione è difficile capire come sarà il mondo dei prossimi anni. Sappiamo, per certo, che sarà diverso. Per me è ancor più difficile immaginarlo perché ho conosciuto e frequentato i paesi dell’est prima del Novembre 1989 (caduta del muro di Berlino) e soprattutto ho visto e vissuto per anni in quei paesi dopo la caduta del muro.
Ho visto e respirato l’aria di cambiamento, di evoluzione, di ritrovato entusiasmo in tutti i paesi dell’est e nelle loro popolazioni. La fiducia è stata poi confermata e suggellata dal famoso accordo di disarmo siglato da Reagan e Gorbaciov , che valse a quest’ultimo il premio Nobel per la Pace, nell’Ottobre del 1990. Trent’anni fa! Oggi sembra persino un’altra era. Impossibile immaginare che le situazioni potessero involvere a questo punto, riportandoci non tanto a trent’anni fa, ma ai ricordi e testimonianze delle invasioni della seconda guerra mondiale. Ci siamo abituati a dare per scontato un bene preziosissimo come la pace, è stato un errore, dal quale dobbiamo imparare che non dobbiamo mai dare per scontate le nostre conquiste e i nostri diritti perché vanno salvaguardati tutti i giorni. La pace e il dialogo devono essere certamente le fondamenta di ogni forma di società , di ogni convivenza umana, ma non posso non condividere le sanzioni che la UE e altri stati hanno imposto alla Russia di Putin.
Non possiamo e non vogliamo innescare la terza guerra mondiale ma non possiamo restare inermi, dobbiamo usare ogni strumento di protesta e di boicottaggio, le sanzioni sono uno di questi strumenti. Non condivido quindi la richiesta di taluni imprenditori e categorie che richiedono un allentamento delle sanzioni o l’esclusione dei loro prodotti tra quelli oggetto dell’embargo. Non ci può essere nessun valore che viene prima della pace e del silenzio delle armi e degli orrori dalle stesse provocate.”
Come cambia l’economia italiana dopo il 24 febbraio 2022?
“La Russia è per l’Italia il tredicesimo mercato di sbocco, con 21 Miliardi di export, prevalentemente Made in Italy, laddove il solo abbigliamento vale 11 miliardi di export e poi mobili e arredo, prodotti alimentari – quindi quote importanti ma non impossibili da rimpiazzare su altri mercati. Anzi credo che questa crisi ed embargo possa essere l’opportunità per rivedere in chiave aggiornata, rispetto alle situazioni geopolitiche, le nostre filiere produttive . La globalizzazione, per come l’abbiamo vissuta negli ultimi decenni, è mutata molto e le politiche di reshoring di diverse aziende italiane ne sono la conferma. Tutte le crisi portano con sé anche delle opportunità. Credo che questa potrebbe portarci a rivedere le nostre posizioni di dipendenza, sia dalle materie prime che dalle commodities; e a rivedere le politiche relative alle produzioni interne . Negli ultimi 20 anni abbiamo accentuato la nostra dipendenza dall’estero : nelle forniture di gas per esempio. Altrettanto abbiamo fatto col nostro patrimonio bovino passando da 10 a 5 milioni di capi, piuttosto che con l’incremento dell’import di grano passato al 64% del nostro fabbisogno e il 53% relativamente al mais. Rendiamoci anche conto che il blocco dell’Ucraina significa lo stop del 30% del grano a livello mondiale. Personalmente credo che l’Italia possa e debba rivedere le proprie politiche industriali e produttive di filiera , in un contesto e all’interno di una definita strategia paese.
Non abbiamo ancora contezza di quanto incederà sull’economia Italiana il conflitto Russo-Ucraino ma certamente contribuirà a generare ulteriori squilibri nell’attività industriale dei prossimi mesi peggiorando ancora la scarsità di alcune commodities, rendendo più duraturi gli aumenti dei prezzi, oltre ad accrescere l’incertezza, rischiando così l’evoluzione del PIL nel 2022. In questo senso anche il centro studi di Confindustria segnalava mesi fa che l’economia mostrava già qualche rallentamento prima che iniziasse il conflitto, con una previsione di -0,3% a Febbraio e un più marcato 0,8% a Gennaio. Credo che le difficoltà di approvvigionamento delle imprese cresceranno e ciò spingerà ancora di più la salita dei prezzi di materie prime ed energia. “
Quale può essere la funzione di Confindustria in questo scenario?
“Confindustria nasce come associazione di rappresentanza degli imprenditori e per decenni uno dei focus principale è stato quello del fronte sindacale, dei CCNL. Le diverse crisi hanno, poi, spinto sia le associazioni territoriali che Confindustria a strutturarsi nei servizi da fornire a supporto delle imprese per fronteggiare i tanti fronti quali credito e finanza, formazione, internazionalizzazione ed export, ambiente, divenendo , in anni in cui c’era anche la crisi delle istituzioni, un vero e proprio punto di riferimento per le imprese. Potremmo dire che a livello provinciale e regionale vennero strutturati nuovi servizi o rafforzati quelli esistenti mentre a livello centrale vennero condotte importanti proposte sulla politica economica e sugli strumenti da adottare per il rilancio dell’economia e la gestione delle crisi d’impresa.”
Quali sono i modelli organizzativi ai quali si ispira la sua conduzione “democratica” delle risorse umane aziendali ?
“Le aziende senza le persone sono entità astratte senza vita, sono le persone quindi che determinano il successo o l’insuccesso dell’azienda e di qualsiasi politica o strategia si voglia attuare. Non a caso si parla oggi di “ capitale umano”. La persona quindi va messa al centro come soggetto che è perno portante dell’attività e della storia di un’azienda. In questo senso, nella mia azienda, ho adottato un modello organizzativo basato sul coinvolgimento, sul “ wellbeing” delle persone che ci lavorano. Ho trovato degli azionisti che hanno condiviso da subito questa centralità, al punto che oggi stiamo intraprendendo un percorso per divenire, alla fine del 2022 “ società benefit” con tanto di modifica statutaria. L’obbiettivo rimane, ovviamente, quello del profitto come normalmente deve essere per ogni impresa ma non come obbiettivo unico e primario e, soprattutto, non a scapito della qualità di vita lavorativa che le persone possono e devono avere in seno all’azienda. In questo senso, molti sono gli investimenti effettuati in formazione , per la quale è stato creato un apposito dipartimento all’interno di HR , al fine di consentire un continuo miglioramento delle competenze. Le nuove tecnologie e la velocità con la quale cambiano e si sviluppano i modelli di business ha reso insufficienti le elevate hard skills, rendendo fondamentali per il successo dell’azienda soft skills in grado di rendere ogni persona capace di adattarsi velocemente e senza traumi ai cambiamenti e alla velocità degli stessi.”
E’ stato a lungo delegato ai rapporti di Confindustria coi paesi dell’est. Cosa pensano gli imprenditori delle relazioni UE – USSR?
“L’Italia non ha materie prime è quindi sempre stato un paese trasformatore, e con una forte propensione ( specie nel nord est dell’Italia) ad esportare poi i propri prodotti sui mercati internazionali. Non c’è mai stata una forte e radicata cultura all’internazionalizzazione se andiamo a misurarla con gli IDE ( investimenti diretti all’estero) paragonata ai cugini Francesi o Tedeschi. La relazione UE – Russia è stata sempre vista dagli imprenditori come un’importante sbocco commerciale per un’area geograficamente vastissima e con un enorme potenziale di import ancora inespresso , mercati certamente non semplici dove la Germania è indubbiamente favorita anche dal suo modello di “ sistema paese” più efficace rispetto al nostro. L’importante presenza delle imprese italiane nei paesi dell’est, dopo la caduta del muro di Berlino, ha però favorito gli scambi attraverso paesi con accordi di libero scambio con la Russia, come per esempio la Serbia.”.
Perché ha scelto di trasferirsi a Napoli?
“In realtà non mi sono proprio trasferito a Napoli, nel senso che rimango residente a Treviso dove rientro spesso , ma certamente il mio lavoro è a Torre del Greco (Napoli) dove ho accettato la sfida/opportunità di guidare un’azienda campana per un suo posizionamento a livello nazionale e scrivere un piano industriale ambizioso ( 2021- 2024) con 13, 5 milioni di euro di investimenti e uno sbarco anche all’estero nel 2024. Gli incarichi che ho ricoperto negli anni mi hanno portato a vivere spesso in città diverse dalla mia, anche in paesi stranieri , ma poi Treviso è e rimane sempre la città da cui partire e in cui ritornare…..un po’ come Itaca per Ulisse. Ho vissuto 1 anno a Mosca, 6 anni in Romania, 3 anni a Rovigo,1 in Puglia; da adolescente ho vissuto 1 anno e mezzo alle isole Seychelles, era il 1973 e mio padre vi costruiva un albergo nell’isola di Praslin, lì frequentai la prima media, in quella che allora era una colonia inglese”.
di Sabrina Danieli Franceschini