Incontrai la trevigiana Nicoletta Milani nell’aula Magna di Ca’ Foscari a Treviso: minuta, elegante, sicura, semplice, giovane.
Mostrò un video dedicato alla storia della sua famiglia e della loro azienda con sede a Meolo: un bouquet di cuore, tradizione, femminilità, innovazione.
La dimostrazione di come sapersi adattare ai mutamenti repentini con proposte argute: la cabina studio per lavorare nel rispetto della privacy qualora si scelga lo smart working- su tutte. Un pensiero attivo e divergente.
Delle tre sorelle, incontrate nel corso di un seminario dedicato al pink power in azienda, è quella che produce e vende anche accessori di moda, fashion di lusso: borse made in Italy prodotte a Roncade.
Decido di cogliere la mela in questo scambio di domande e risposte che avviene quasi alla mezzanotte di un mercoledì di marzo non ancora post covid ma para bellum.
Perchè un’imprenditrice di seconda generazione ha scelto di spostare la sua attenzione dal business di famiglia – arredi – agli accessori moda?
“Dieci anni fa ho avuto l’opportunità di conoscere una mia amica che era nel mondo della moda e parlando mi aveva messo in testa di provare sviluppare una prima borsa molto semplice ma nello stesso tempo originale.
Inizialmente, ero un po’ perplessa, poi decisi di provare con la pelle che normalmente utilizzavamo per le sedute.
Questa idea era partita inizialmente bene ma poi ebbe un proseguo molto lento e poco chiaro. Nonostante tutto, sentivo il desiderio di dare seguito al progetto in modo serio perché si trattava di un mondo collegato al design dell’arredo ma molto più creativo e dinamico rispetto a quello delle sedute.
Pensavo ad un prodotto esclusivamente fatto in Italia acquistando noi tutti i materiali e dandoli poi in lavorazione ai laboratori veneti con alto contenuto di conoscenza ed esperienza.
Dopo quattro anni un’altra mia amica decise di licenziarsi dall’azienda che lavorava (da 17 anni) nel mondo dell’artigrafica, dove ha conosciuto molti stilisti e altre persone nell’ambito della moda. Le chiesi se era interessata a darmi un supporto per il progetto della prima borsa ed eventualmente pensare successivamente di costituire una società insieme, nel mondo della pelletteria.
Lei decise di accettare nel 2016 e nel 2017 abbiamo costituito la società MIA16.”
La sua azienda è stata fondata nel 2016, quante borse produce in un anno? Ci può tratteggiare il suo business model?
“Dopo la pandemia mediamente la produzione si è allineata sulle 8.000 borse differenziate da 3 brand MIA16, NINIPA’ E PATRIZIA MILANI, rivolti a clientele diverse rispettivamente media e medio bassa e alta. Come spiegato abbiamo voluto sfruttare le risorse locali selezionando fornitori di materie prime di buona qualità e di laboratori differenziati per il know how, in base al prodotto che si doveva sviluppare.
I disegni dei modelli e lo studio del prodotto vengono effettuati all’interno degli uffici MIA16, insieme a collaboratori interni ed esterni quali stilisti, progettisti che da anni sviluppano prodotti di pelletteria per altri brands di borse.
Abbiamo pensato di entrare da subito nei mercati esteri per vari motivi il primo per il valore che all’estero viene dato al made in Italy, cosa che in Italia è dato tutto per scontato; il secondo per motivi economici: perché per una start up è importante partire con una solidità finanziaria che il mercato italiano non ti garantisce.
Infatti, il primo ordine più considerevole è arrivato dal mercato tedesco, a seguire quello spagnolo di un prestigioso gruppo di acquisto. In seguito alla pandemia, il mercato ci ha messo a dura prova ma grazie a questo modello organizzativo ci ha aiutato ed evitare scelte drastiche di chiusura, grazie ad una struttura snella e non soffocata di ingenti costi fissi. Nonostante tutto la pandemia ci ha stimolato a vedere oltre, investire per l’apertura di un E.commerce dandoci quasi da subito delle belle soddisfazioni e nell’apertura di un nuovo importante mercato, quello cinese.
Il progetto è partito con il marchio PATRIZIA MILANI, dedicato esclusivamente per le borse di fascia alta, rivolgendosi quindi ad una clientela sofisticata e che apprezza il vero made in Italy.”.
In che misura le sue aziende hanno applicato principi di “innovazione organizzativa”?
“In merito al tema dell’innovazione organizzativa, per il quale sono stata la relatrice presso il Ca’ Foscari a Venezia, ritengo sia un ambito di discussione molto attuale ed importante.
Per quanto riguarda il diritto del lavoro non sono stati fatti dei cambiamenti normativi considerevoli, così da adeguarli alle attuali necessità del mondo lavorativo per agevolare le assunzioni. Penso sia sempre più necessario un urgente incontro tra DOMANDA E OFFERTA di lavoro; una partnership pubblico e privato (agenzie per il lavo-ro e Centro dell’impiego), per garantire capillarità, varietà di servizi offerti e tenuta economica del sistema.
Se nel periodo pre-covid si parlava di lavoro flessibile generato da contratti fatti tramite le agenzie interinali, di contratti indeterminati e di contratti a tempo determinato, con il Covid gli argomenti sono stati sostituiti principalmente da cassa integrazione e smart working; un termine che pochi conoscevano perché in Italia era una forma di lavoro poco utilizzato e menzionato.
Terminato il lock down, molte aziende hanno chiuso, altre sono resistite perché il settore non è stato colpito pesantemente e altre ancora hanno lavorato molto, raggiungendo fatturati mai visti negli ultimi 10 anni come, il mondo della casa e del food.
In questa fase la disoccupazione era aumentata considerevolmente per poi successivamente cambiare la tendenza nel 2021, con prevalenti assunzioni a contratto a tempo determinato, dovuta all’imprevedibilità del mercato.
Oggi ad aumentare l’incertezza va ad unirsi un’altra dinamica, quella dell’aumento delle materie prime, dovuto sicuramente a speculazioni ed alla guerra in Ucraina, che sta mettendo forti pressione agli imprenditori ormai incapaci di fare delle previsioni.”
Lei è relatrice sul tema “innovazione organizzativa” del Caffè dell’Innovazione di Ca’ Foscari. Qual è il suo punto di vista in materia?
“Le aziende italiane nonostante tutto si stanno impegnando per un importante progetto mondiale quello dell’eco-sostenibilità che fa riferimento ad una serie di processi messi in atto per la salvaguardia del pianeta, degli ecosistemi e delle risorse ambientali.
L’obiettivo della sostenibilità ambientale è quello di assicurare alle generazioni future la stessa possibilità che abbiamo oggi di soddisfare i propri bisogni, in termini di risorse ambientali (rifornimento idrico, cibo, energia, etc.).
MIA16 si sta organizzando per mettere in moto delle attvità rivolte alla tutela dell’ambiente cominciando ad utilizzare una pelle che proviene da materiali riciclati e quindi riciclabile e dove possibile anche elementi accessori in tessuto riciclabili derivate da fibre riciclate”.
A chi pensate quando progettate e producete le borse MIA16 e NINIPA?
“Ogni borsa MIA 16 è riconoscibile per lo stile pulito, chiaro, incisivo conferito dall’utilizzo di linee semplici ed essenziali mentre NINIPA è riconoscibile per delle linee più’ arrotondate, valorizzate da stampe con fantasie e colori.
Queste caratteristiche sono pensate per rendere il prodotto adatto a ogni tipo di donna, pronta ad affrontare con praticità e stile la vita di tutti i giorni.“
di Sabrina Danieli Franceschini