MANGIARE È CULTURA AMBIENTALE ED ECONOMIA CIRCOLARE
L’unione Europea sta lavorando al dossier agricolo e invita gli stati membri a programmare diversamente le colture: l’Italia non risponde benissimo alla proposta di coltivare, ad anni alterni, mais e grano. Teme pesanti ripercussioni sulle filiere di produzione.
Il primo rapporto Federalimentare Censis calcola il peso dell’industria alimentare italiana: 179 miliardi di fatturato, 60mila imprese, 464mila addetti e oltre 50 miliardi di export all’anno. La filiera del food italiano ha un valore pari al 31,8% di quello del PIL. In dieci anni, il suo fatturato ha registrato un incremento del 24,7% in termini reali, il numero di addetti è cresciuto del 12,2% e il valore delle esportazioni in termini reali del 60,3%.
Un settore che con la cultura fa mangiare e pure bene.
Un settore che non possiede solo una cultura della tradizione ma anche, e crescente, una cultura dell’innovazione scientifica e tech: in Veneto imprese e università stanno lavorando sui nuovi modelli di business per creare vantaggio a tutta la filiera del food. Si chiama economia circolare ma è anche riposizionamento strategico.
Clelia Daniel, manager per la sostenibilità del gruppo Agricom di Fossalta di Piave, significative esperienze internazionali e ruoli apicali nel mondo associativo, ne ha trattato a Monastier – fra gli altri- con la viceministro per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica Vannia Gava, nel corso del seminario “Come lasciare un’impronta senza calpestare nessuno: La sfida agroalimentare per minimizzare l’impatto sull’ambiente” promosso da Confapi Treviso e Venezia.
Ne abbiamo raccolto a margine alcune considerazioni.
Quali sono le cause degli scarti tra le aziende alimentari in Italia?
“L’Italia è casa di innumerevoli eccellenze alimentari. Per garantire e salvaguardare la qualità di ogni prodotto sono inevitabili degli scarti, sia nel processo di produzione che in quello del confezionamento, del trasporto e della distribuzione. Da una ricerca che Agricom srl ha commissionato ai ricercatori IUAV di Venezia nel 2021, è emerso, che gli standard di qualità ed i danni estetici sono tra le prime cause di produzione degli scarti. A seguire troviamo: l’errore umano, l’eccessiva produzione, la gestione inefficiente degli stock e la debole pianificazione degli acquisti/vendite.”.
Quanto e cosa viene scartato?
“Secondo UNEP, FAO il 14% delle derrate alimentari viene disperso nella filiera produttiva, mentre il 17% viene sprecata dal consumatore finale. Ogni anno nell’UE sono sprecati circa 59 milioni di tonnellate di prodotti pari a 131 kg per abitante, per un valore di mercato di oltre 130 miliardi di euro.
Il volume esatto degli alimenti scartati in Italia, e la loro tipologia, sono difficili da misurare con precisione. Ad oggi non esistono stime ufficiali: l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ci ha confermato che questi dati non vengono raccolti a livello nazionale.
Nel 2021 in collaborazione con IUAV abbiamo cercato di colmare queste mancanze con una ricerca di mercato, per la quale abbiamo coinvolto circa 100 produttori di pane pasta e biscotti, per capire la destinazione dei loro scarti. Ne è emerso che, il 38% degli scarti è destinato allo smaltimento; poco più del 5% viene reimmesso nei cicli produttivi, mentre circa il 15% viene donato o venduto negli outlet aziendali. Della restante parte, circa il 25% diventa mangime e circa il 15% biomassa.”.
Cosa viene fatto per ridurre gli sprechi tra i produttori?
“Con Agricom abbiamo lanciato dal 2022 la campagna SOS Economia Circolare, sfociata in 2 eventi pubblici, in cui abbiamo condiviso i risultati delle nostre ricerche e i nostri partner più virtuosi hanno presentato i casi di successo.
A livello normativo, la Commissione ha stabilito che gli Stati membri adottino “misure adeguate per prevenire la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella preparazione, nella vendita al dettaglio e nella distribuzione di alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nelle famiglie”. Per la prima volta ha fissati obiettivi vincolanti da raggiungere al 31 dicembre 2030 ovvero ridurre del 10% la produzione di rifiuti alimentari nella lavorazione e nella produzione rispetto al 2020; ridurre del 30% la produzione di rifiuti alimentari pro capite rispetto al 2020 nella vendita al dettaglio, nei ristoranti e servizi di ristorazione e nelle famiglie.”.
Dal punto di vista ambientale, valorizzare gli scarti è sostenibile?
“Un numero crescente di aziende sta ridefinendo le proprie strategie con l’obiettivo di ridurre lo spreco di risorse e limitare l’impatto ambientale. Agricom ha elaborato un modello gestionale che aiuta le aziende a ricavare valore ambientale, economico, finanziario ed energetico laddove registravano costi ed extracosti.”.
Quali opportunità di collaborazione sono in essere fra le imprese venete e le università?
“Agricom ha stretto una solida collaborazione con IUAV. Di recente ho contribuito al Feed 2023 Milano, conferenza organizzata dall’Università di Milano. Dal confronto con un pubblico ampio, accademico e di settore ho avuto la conferma che la strada intrapresa di costruire maggiori collaborazioni tra università e mercato produttivo è quella giusta, con benefici per entrambi e, soprattutto, per il meraviglioso pianeta che ci ospita.”
di Sabrina Danieli Franceschini