Noialtri trevisani ancora oggi la chiamiamo “piassetta dei cunici”, che in precedenza era la contrada delle Beccherie per la presenza di alcune macellerie. La famiglia Campeol gestiva la trattoria “Quattro Corone” in via Inferiore e a fine 1939 subentrò a Montagner nel ristorante “Beccherie” in piazza Ancillotto dotata di varie sale, anche al primo piano, con il fianco sud su via San Vito e sul proseguo del fronte, ad Est nella piazzetta con la trattoria “Al Sile” gestito da Mestrinaro e dalla moglie Nora. Le Beccherie come ristorante e albergo era una parte centrale
della città, con recapito anche per varie associazioni (in modo particolare anche del “mio” rugby) e noi nottambuli della piazzetta la indicavamo e suggerivamo ai forestieri come il miglior esercizio pubblico in città. La stanza di accesso dalla strada e dalla piazzetta aveva un bancone elegante dove stava Aldo Campeol ed era arricchita da una stufa da camino dell’Alto Adige anche perché la moglie Alba era nata a San Candido. Inappuntabile il servizio dei camerieri, si poteva gustare un’ottima “Sopa Coada” o “Pasta e fasioi”, uno “Stinco di maiale”, il “Fegato alla Veneziana” o i “Bolliti”, i risotti e molti altri piatti tradizionali che lo hanno portato a vincere, nel 1960, il “Piatto d’Oro” della cucina trevigiana. L’amicizia dei miei genitori con la famiglia Campeol comportò la mia ammirazione per Aldo, buon giocatore di quel rugby primario che non ho mai visto, ma che ho amato e giocato con successo conquistando anche il primo scudetto di questo sport di combattimento contrario ai miei genitori che invece erano calciofili.
Quel locale della piazzetta era così così accogliente e vicino alle nostre abitudini di cene e pranzi e pure per il consueto appuntamento famigliare con Cino Boccazzi per il mio libro “Gergo Trevisan” nel 1983, per la prima cena dei ”Giorgio”, libera associazione in giro per l’Italia e all’estero per trovare un “San Giorgio”, nell’aprile di ogni anno per una cena con gli amici a Mirano. Alle Beccherie ho potuto prenotare, senza documenti, perché a casa mia in via Castello d’Amore, Antonella aveva rotto la chiave nel cilindro dall’interno e quindi non riusciva ad aprire la porta d’ingresso.
Le “Beccherie” era il ritrovo di noi rugbysti rumorosi e felici ma anche rispettosi del locale e di Aldo, anche quando il ristorante venne spostato da via San Vito, per occupare l’osteria di Giovanni
Mestrinaro con la sala da pranzo che si affacciava sul fiume Botteniga, dopo un restauro eseguito su progetto del sottoscritto.
Dopo la reggenza della mamma, Antonietta Biasin, la gestione proseguì molto bene con il figlio Ado e con la cultura della cucina della moglie Alba Di Pillo anche a seguito della ristrutturazione eseguita attività bella e accogliente ma pesante, fintantochè cedettero al figlio Carlo (per noi sempre Carletto), l’attività in essere, che fu affrontata con grande passione ma che, via via, andò scemando.
Fare l’osto non è da tutti e Carlo con giudizio si ritirò incrociando nel 2014 Paolo Lai (un bravo amico e gestore del “Corder” nella contrada del “Cavallino” (la via Palestro) che ha rilevato l’appalto con a capo il giovane Andrea e il cuoco stellato Manuel Gobbo.
Le Beccherie oggi è un ristorante eccellente, piacevole e raffinato dove quasi ogni giorno passo sul lungo porticato della piazzetta per salutare Bepi il barbiere e bere alle Beccherie un “goto de rosso” versato da Andrea che sempre ci stappa una bottiglia tolta dal secchiello di ghiaccio preparato per noi: non è una cosa comune. Alba Di Pillo, banconiera presso il vicino “Astrabar” (ora Soffioni sempre di Paolo Lai) sposò Aldo Campeol nel 1954, con qualche critica della suocera, e fu inviata da parenti a Venezia presso il famoso “Rosa Salva” dove apprese le modalità lavorative di cucina trasportò alle Beccherie, che diventò il locale “in” di Treviso per i clienti trevigiani e non solo.
Alba è l’inventrice ufficiale del dolce più famoso al Mondo: sua maestà il Tiramisù, proprio da lei nel 1970 è stato storpiato il tiramisù italianizzandolo ma l’Accademia della cucina ha notificato il vero nome dialettale. Ha avuto grande merito per aver divulgato il dolce “Tiramisù” senza alcol, a forma piatta, rotonda e con il mascarpone invece dell’albume.
Questa storia è ancora in ballo. Si dice che il nome Tiramisù era raccontato dagli uomini che frequentavano la “Pensione Amelia”, il casino, unico rimasto fino al 1954 anticipatamente chiuso per legge, dove veniva fatto assaggiare a un fedele cliente, il dolce realizzato in casa (chiusa) in bicchiere e a cucchiaio.
Già nel 1962, con la apertura del ristorante “Da Alfredo”, veniva servito questo dolce e c’è pure il libro “Tirame Su” che lo testimonia. A Pieris, a San Canziano d’Isonzo (GO), Mario Cosolo titolare del ristorante “Al Vetturino”, aveva inserito nel menù il dolce “Coppa del Vetturino” in bicchiere a cucchiaio e, dopo che dei clienti triestini, nel 1950, si complimentarono per il buon dessert “Quasi come il Tiramisù assaggiato nei “postriboli” di Trieste, aggiunse la nuova denominazione al suo locale.
Quante feste, quante cene alle Beccherie nella stanza al piano terra con la grande vetrata che guardava Vicolo Trevisi e il ponte Malvasia, con il dotto Zava per il “Cavalierato” di Lollo Levorato, con la famiglia, i parenti con i “Giorgio” con tutta Treviso per celebrare il mio libro “Treviso l’Ultima” con le foto dei personaggi trevigiani.
La nuova gestione del ristorante “Le Beccherie” fa ricordare molto bene la famiglia Campeol per eleganza e ospitalità ed è un bel ricordo perché Aldo e di seguito Alba, da poco tempo ci hanno lasciato.
E così sia.
di Giorgio Fantin