Clamoroso successo per il prodotto sudcoreano
E pensare che per quasi un decennio nessuno aveva voluto produrla. Hwang Donghyuk, showrunner e regista della serie, ci ha creduto fino in fondo. E così, il “gioco del calamaro”, traduzione letterale del titolo, ad inizio ottobre ha raggiunto l’incredibile cifra di 111 milioni di spettatori nei primi 25 giorni di programmazione. Un risultato eccezionale, che ha ben presto spazzato via il precedente primato detenuto da “Bridgerton”, serie dai contenuti ben diversi. La prima messa in onda è avvenuta il 17 settembre 2021 e ben presto gli spettatori si sono appassionati alle vicende di un eterogeneo gruppo di incalliti debitori alle prese con una serie di giochi di sopravvivenza. Sì, sopravvivenza. Nel primo dei nove episodi della serie avviene il reclutamento di 456 giocatori, tra i quali spicca Seong Gi-hun, un uomo divorziato e sommerso dai debiti, che, al pari degli altri personaggi, sceglie di partecipare ad un gioco che promette un ricco premio in denaro. Assieme a lui ci sono il broker Cho Sang-woo, caduto in disgrazia, la bella profuga Kang Sae-byeok, il vecchio Oh Il-nam e l’immigrato pakistano Abdul Ali. Il primo gioco della serie è “un, due, tre, stella!” ma ben presto i malcapitati si rendono conto che si tratta di un gioco mortale. Chi perde viene eliminato fisicamente. La tentazione di andarsene è forte, ma il premio finale è di oltre 45 miliardi di won sudcoreani, ovvero oltre 33 milioni di euro al cambio attuale. Ci fermiamo qui con gli spoiler perché la serie è da gustare tutta d’un fiato. Vuoi per gli intrecci nelle storie personali – e di gioco – dei vari personaggi, vuoi per la capacità di andare in profondità nelle vite dei giocatori. E’ questo, forse, il vero segreto della serie. Del resto di concept simili il mondo del cinema è pieno: Hunger Games, Death Race, Saw l’enigmista, House of nine, Escape Room, la trilogia di The Cube solo per citarne alcuni. Squid Game fa ovviamente tutto più in grande: 456 giocatori sono tanti e del resto a Netflix piace fare le cose in grande. Mentre il successo è rapidamente diventato planetario, con i gadget della serie che stanno andando a ruba, già si parla di una seconda stagione. Sarebbe, a nostro avviso, un errore: difficile riuscire a bissare il successo della prima senza rischiare di diventare ripetitivi. La serie rischierebbe di trasformarsi in una nuova “Casa di carta”: bellissima la prima stagione, ripetitive e dimenticabili le altre tre. Infine, una piccola nota tecnica: la serie non è stata doppiata, quindi si sentono i dialoghi originali in sudcoreano (e in inglese per alcuni personaggi) con i caratteristici trascinamenti finali delle vocali tipici della parlata asiatica. Tranquilli, ci sono i sottotitoli, molto ben fatti.
di Ubaldo Saini